L’interpretazione dei sogni di Sigmund Freud

Chiunque sia riuscito a leggere l’Interpretazione dei sogni di Freud (1899) senza essere mosso a sdegno contro la novità e l’audacia apparente del suo metodo, e senza che il suo senso morale si ribellasse per la sorprendente nudità delle interpretazioni; colui insomma che con animo pacato e libero da pregiudizi ha potuto subire la suggestione di una materia così particolare, sarà stato di certo profondamente scosso dalla lettura del passo di Freud, là dove egli rammenta che alla base di quel poderoso tema drammatico dell’antichità che è la leggenda di Edipo, vi è un conflitto psicologico individuale, cioè una fantasia incestuosa. Questo semplice accenno non produce forse un’emozione pari a quella che avvertiamo allorché, nel bel mezzo dello strepito e del trambusto di una strada cittadina, ci accade di imbatterci in un relitto del passato, sia esso il capitello corinzio di una colonna murata о il frammento di una iscrizione? In quel momento eravamo completamente assorbiti dallo strepito e dall’animazione effimera della vita moderna, quand’ecco ci appare qualcosa di remoto e di sconosciuto che attira il nostro sguardo su cose di ordine diverso: è come levar gli occhi dalla confusa multiformità del presente verso un nesso superiore della storia. D’improvviso ci tornerà alla memoria il fatto che proprio dove noi oggi corriamo su e giù affaccendati, duemila anni prima regnava, in forme un po’ diverse, una simile animazione; passioni analoghe agitavano gli uomini, convinti allora come oggi della singolarità della loro esistenza.

Nell’anno 1900, si passano le colonne d’Ercole della contemporaneità, perché viene pubblicata L’interpretazione dei sogni di Sigmund Freud, atto fondante della psicoanalisi. Freud identifica un continente che non si vede ma c’è, l’inconscio, l’Africa interiore, della quale parlava già un secolo prima il poeta romantico Jean-Paul Richter. Per lo studioso viennese, ciò che muove la vita in questo continente ancora tutto da esplorare, sono esattamente l’amore e il sesso. È quindi comprensibile che, dopo la nascita della psicoanalisi, la fisiognomica, in quanto scienza totalizzante e di avanguardia, si disciolga, come zucchero nell’alcol, nelle tematiche della psicologia; la quale tende a esplorare il pianeta appena scoperto, cioè a organizzare il contrastato, ma senza dubbio fondamentale, statuto della scienza psicoanalitica. Da questo momento in poi, sarà impossibile rappresentare un tema amoroso senza pensare all’inferno o al paradiso «inconsci», o «profondi», che vivono nell’anima dei protagonisti.

Si potrebbe discutere se l’Interpretazione dei sogni, pubblicata alla fine del 1899, sia stata l’opera intellettuale più autorevole del XX secolo. Sfortunatamente il grande libro di Freud è inficiato dal suo scientismo, o dal suo fare della scienza un feticcio, difetto che tuttavia non ne ha ostacolato il duraturo successo come modello interpretativo, nonché come tipo di autobiografia spirituale, un capolavoro confessionale. Terminata la prima stesura quando l’autore aveva quarantaquattro anni, il libro subì quasi quarantanni ancora di revisioni, e sfida anche il più analitico e competente dei commenti. Mi sento di raccomandare in particolare Freud’s Wishful Dream Book (1994) di Alexander Welsh, un esempio straordinario di chiarezza ed equilibrio. Welsh sottolinea come certi risultati positivi, al di là dello scientismo datato di Freud, e una tendenza dell’ideologia psicoanalitica a prevalere sulla veridicità, restino indiscutibili per quanto riguarda due tematiche: il concetto che ciascuno di noi è condizionato dai fatti contingenti della propria esperienza individuale, e un metodo davvero convincente di analizzare le storie personali. Però né l’uno né l’altro di questi contributi era ciò che Freud rivendicava come suo apporto fondamentale, vale a dire una teoria universale dei sogni.

L’interpretazione dei sogni (Die Traumdeutung), unanimemente considerata il capolavoro di Freud, fu pubblicata il 4 novembre 1899, data di nascita della psicoanalisi, almeno per quanto concerne la raggiunta pienezza del suo statuto teorico.

Freud era pienamente consapevole dell’importanza del suo lavoro: dare parola al sogno significava, infatti, riconsegnare all’uomo una parte cospicua delle sue esperienze, dei suoi affetti, del senso stesso della sua vita, erroneamente disprezzata e misconosciuta. Tuttavia egli esordisce, prudentemente, cercando di ottundere l’aspetto di novità, di rottura del suo libro ed enfatizzando, invece, la sua inscrizione in una tradizione forte, dotta, che risale a Ippocrate, Aristotele, Artemidoro, ma che si è tramandata anche nella tradizione popolare, che da sempre ha attribuito al sogno un senso profondo e capacità divinatorie.


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